Analisi
Milan: i colpevoli non pagano mai

Sembra incredibile, ma a volte è come se qualcuno credesse che il Milan fosse ancora quello di una volta, quello degli anni novanta, quello che anche se sbagliava una stagione (leggasi 96-97 e 97-98) aveva comunque alle spalle una proprietà seria, solida e consapevole di ciò che faceva e voleva. Oggi è tutto diverso e tutto dannatamente complicato: il club è in mano a due fondi che a tutto badano fuorché ai risultati sportivi e infatti il Milan attuale è nono in classifica, senza speranze di raggiungere l’Europa e senza ambizioni per l’anno prossimo.
Scelte
Ma ciò che è ancor più grave è che in seno alla società tutti pensano di essere nel giusto e nessuno paga per le nefandezze di un’annata disastrosa. La scorsa estate il calciomercato è stato affidato alla parte RedBird del club, Cardinale ha demandato a Moncada e Ibrahimovic la campagna acquisti e i due hanno pensato bene di liquidare l’auto candidatura di Antonio Conte con un sibillino “no grazie” per scegliere Paulo Fonseca a cui è stata affidata una banda di giocatori senza né capo né coda, purché costassero poco e che nessuno pretendesse di vincere.
Responsabilità
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, la classifica parla da sola, ma anche il futuro sembra riservare pochi cambiamenti. Se, infatti, l’esigenza di assumere un direttore sportivo fino a qualche settimana fa sembrava impellente, oggi tutto procede a rilento, anzi, l’amministratore delegato Furlani (altro colpevole impunito) ha ribadito che il lavoro collegiale proseguirà senza modifiche. Ibrahimovic rimarrà nel suo ruolo non meglio identificato, Moncada continuerà a far danni dentro il suo enorme giaccone di pelle e il direttore sportivo, sempre se arriverà, dovrà collaborare con loro.
Colpevoli
Insomma, al Milan tutti sbagliano ma nessuno paga, tutti sono responsabili ma nessuno è in discussione, se non quei disgraziati degli allenatori a cui vengono fatti firmare contratti con clausole che li delegittimano ancor prima di iniziare a lavorare e che diventano, a conti fatti, gli agnelli sacrificali di un club mai umile e mai in grado di ammettere gli errori. Perché anche nelle dichiarazioni, i dirigenti si dicono delusi ma non chiedono mai scusa, motivo per cui la terribile paura dei tifosi (cioè di quelli che stanno a casa) e degli scaroniani (cioè quelli che vanno allo stadio) è che cambi tutto per non cambiare nulla.
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