Analisi
Milan: come Pioli ha perso anche la sua caratteristica migliore
La storia fra il Milan e Stefano Pioli sta per concludersi. Ancora cinque partite e poi le strade del club rossonero e dell’allenatore parmense si separeranno dopo cinque anni ricchi di soddisfazioni col ritorno stabile a disputare la Coppa dei Campioni giocando anche una semifinale ed uno scudetto vinto quando in pochi se lo sarebbero aspettati. Ma il ciclo è finito, l’estromissione dalla Coppa Uefa ed il sesto derby consecutivo perso hanno definitivamente tagliato a Pioli ogni speranza di rimanere sulla panchina milanista anche il prossimo anno quando in rossonero arriverà un altro tecnico.
Difficoltà
Stavolta non ci sono più margini per ricucire, stavolta è proprio finita. Anche perché, rispetto al passato, il Milan di Pioli non è più il Milan di Pioli, ovvero quella squadra capace di risorgere dalle proprie ceneri o di evitare il ko quando l’arbitro sta per finire il conto alla rovescia. Il vecchio Milan di Pioli avrebbe giocato diversamente il ritorno di coppa contro la Roma ed avrebbe azzannato l’Inter dopo l’eliminazione dall’Europa, avrebbe tirato fuori le unghie ed il carattere, come quando dopo un gennaio 2023 terribile arrivò la tenace prova di Londra che valse la qualificazione contro il Tottenham.
Crisi
Oggi, invece, sia Pioli che la squadra sanno che la clessidra sta per esaurire la sua sabbia, l’allenatore non sa più cosa dire ai microfoni dopo le partite, sembra non credere neanche più lui ad un futuro ancora a Milanello, anzi, nel post Roma-Milan si è lasciato sfuggire pure un “a fine stagione faremo le nostre valutazioni“. Mai come stavolta il Milan non è più il suo, sono venute meno le caratteristiche che hanno riportato in alto i rossoneri, quel gruppo compatto attorno al proprio tecnico, l’uno nettare dell’altro. Oggi tutto questo non c’è più, l’encefalogramma è quasi piatto, il libro all’ultimo capitolo.
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