Analisi
I limiti e le paure del Milan
MILANO – Si dice che dalle sfide secche di coppa si debba uscire sempre con il risultato in tasca e che il come lo si ottenga conti fino ad un certo punto. Vero, senza dubbio, ma il Milan che torna dal Portogallo dopo aver conseguito una qualificazione a cui non credeva quasi più nessuno ed ottenuta in modo rocambolesco e forse unico nella storia del calcio, deve necessariamente interrogarsi su alcune pecche emerse dalla sfida contro il Rio Ave, affrontata senza il giusto piglio e riacciuffata solo grazie allo scellerato fallo di mano di Borevkovic a 7 secondi dalla fine dei tempi supplementari, senza il quale oggi sarebbero già partiti i processi a Pioli e alla formazione rossonera.
Gioventù
Il Milan è giovane, forse troppo, e si è ritrovato a giocare lo spareggio per accedere ai gironi di Coppa Uefa senza tre pilastri della squadra come Romagnoli, Rebic ed Ibrahimovic, oltre al fatto che una gara secca presenta palesemente maggiori insidie rispetto ad un doppio confronto andata-ritorno con cui i rossoneri, probabilmente, avrebbero vissuto meno patemi per avere la meglio di un Rio Ave ben organizzato ma non certo uno spauracchio di cui aver timore. Sono però giustificazioni parziali, perché il Milan in Portogallo è mancato anche nei suoi uomini più rappresentativi come Calhanoglu e Theo Hernandez, apparsi abulici e lontani parenti di quelli ammirati per tutto il 2020.
Esperienza
Alla squadra di Pioli manca ancora maturità e confidenza con determinate partite e questa è una lacuna pesante per una compagine che desidera tornare al più presto ai vertici. Se ci fosse stato Ibrahimovic, dicono in tanti, la partita sarebbe terminata diversamente. Sì, è logico pensare che sarebbe andata così, ma il punto è che lo svedese non c’era e il Milan, pur riconoscendo la sacralità del fuoriclasse scandinavo, non può trincerarsi solo ed esclusivamente dietro le sue spalle, ma deve anzi iniziare a camminare anche sulle proprie gambe. L’Europa non perdona e lo ha dimostrato pure una squadra non irresistibile come il Rio Ave, figurarsi un Tottenham o una retrocessa dalla Coppa dei Campioni.
Quarto posto
E poi ancora: occhio al campionato, perché i limiti palesati in coppa potrebbero riaffiorare anche in serie A dove il Milan rincorre quella quarta posizione che lo riporterebbe in Coppa Campioni dopo 7 anni e dove due posti sono già di fatto assegnati ad Inter e Juventus, ma con Atalanta e Napoli che sembrano viaggiare a ritmi sostenuti, con rose al completo ed una forza offensiva devastante che rischia di fare la differenza. Il Milan c’è, è lì e vuole giocarsi tutte le carte a disposizione per entrare nella corsa, ma l’impressione è che, nonostante l’imbattibilità che in campionato dura da quasi 20 partite e le due vittorie nei primi due turni, Pioli debba ancora inculcare tanti princìpi ai suoi calciatori, perché i rossoneri poggiano su ottime basi ma mancano ancora di quell’esperienza che li riporti a gestire e superare le difficoltà senza poi doversi appellare al Dio Pallone che, per giunta, non guarda sempre dalla stessa parte.
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