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Analisi

Milan-Mandzukic: perché non ha funzionato

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MILANO – Quando il Milan ha affrontato il calciomercato invernale lo scorso gennaio, l’ambizione era più alta della semplice qualificazione alla Coppa dei Campioni, i rossoneri avevano conquistato il titolo d’inverno e duellavano con l’Inter per lo scudetto, in attesa del derby rivelatore di fine febbraio. E con un Ibrahimovic spesso assente per infortunio, la dirigenza milanista aveva la chiara ed esplicita intenzione di regalare a Pioli un sostituto e alternativa dello svedese, un centravanti esperto e pronto all’uso in ogni momento, in grado di garantire peso e gol per la causa del Milan.

Scelta

I rossoneri cercavano un’occasione che ha avuto un nome ed un cognome preciso: Mario Mandzukic. Il croato, che in Italia tanto aveva fatto bene alla Juventus, era reduce dall’esperienza di un anno e mezzo in Qatar, con poche presenze, quasi nessuna motivazione per un combattente come lui e quell’inattività di tanti mesi che alla fine è stata fatale a lui e al Milan. Le 35 primavere e la ruggine accumulata, hanno portato l’attaccante slavo a presentarsi a Milanello con alle spalle un allenamento personalizzato fatto a casa, ma un’autonomia ridottissima nelle gambe.

Rendimento

Mandzukic ha giocato qualche minuto a Bologna il 30 gennaio, ha fatto coppia con Ibrahimovic nella notte nerissima di La Spezia il 13 febbraio, quindi, alla vigilia del derby, si è fatto male al polpaccio, è rimasto fuori per diverse settimane perdendo completamente forma fisica, fiato e resistenza, finendo con il fare la muffa in panchina, entrando solamente per pochi minuti in partite complicate per il Milan, fra cui il sofferto 2-1 al Genoa e l’ultimo recente pareggio casalingo contro il Cagliari. Poche presenze (meno di 200 minuti totali) e nessuna rete, per una resa praticamente nulla dell’ex juventino.

Errore

Eppure, che l’arrivo di Mandzukic fosse un rischio lo si sapeva dal principio, non certo per le sue qualità (tecniche e caratteriali), quanto per un fisico e per una tenuta atletica approssimativi dopo l’inattività durata tanto tempo. Al Milan occorreva un uomo capace di buttarsi subito nella mischia, già pronto all’uso e che desse, soprattutto, quelle garanzie fisiche che Ibrahimovic non riusciva più ad assicurare. Il croato, invece, ha palesato addirittura più guai del fuoriclasse scandinavo, finendo col rivelarsi un elemento inutile alla causa rossonera. Un rischio calcolato su cui i conti non sono tornati.

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