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Analisi

Lo stop del Milan fra i soliti limiti ed una mentalità non vincente

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Il campionato è ancora (un po’) lungo, i punti in palio ci sono, ma il 2-2 di sabato sera a Salerno certifica quasi ufficialmente la rinuncia del Milan allo scudetto, non tanto per la classifica (gli uomini di Pioli sono ancora primi) ma per i limiti mostrati dai rossoneri che come al solito nel momento di scappar via si fanno venire il braccino del tennista e se ne tornano a casa con le pive nel sacco. Poco lucido, nervoso, a tratti indolente, questo Milan non è squadra che alla lunga possa tenere nella lotta tricolore, perché se il derby aveva riacceso le speranze e la vittoria sulla Sampdoria illuso, il pari dell’Arechi demoralizza di nuovo.

Limiti

Le lacune del Milan, va detto, sono più mentali che tecniche e derivano in primis dall’allenatore. Pioli, autore di un lavoro eccezionale finora, conferma di non riuscire a caricare a dovere la squadra alla vigilia di gare sulla carta abbordabili. Gli esempi sono ormai numerosissimi, da La Spezia dell’anno scorso alle partite opache quest’anno contro Udinese, Fiorentina e Sassuolo, al contrario di sfide affrontare col piglio giusto come i derby, o le gare contro Atalanta, Lazio, Roma e Juventus, segno che qualcosa a livello psicologico si spenga nel gruppo milanista.

Sogni

Lo scudetto rimarrà probabilmente una chimera, c’è poco da illudersi a Milanello, perché la sensazione è che se manca la maturità i passi sono lenti rispetto alle rivali (Inter su tutte) che hanno già vinto e gestiscono meglio la stagione spalmata su 9-10 mesi. Vincere il derby è bello e gratificante, resta negli annali, ma a conti fatti servirà a poco in quest’annata, perché al successo nella stracittadina serviva un filotto di 3, 4, 5 vittorie di fila per spaventare i nerazzurri, ora invece di nuovo più sicuri e con una partita ancora da recuperare. Al di là della campagna acquisti, è la mentalità milanista a dover cambiare. In fretta.

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