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Analisi

Milan: la maledizione non era il numero

Il Milan raggiunge le semifinali di Coppa Italia con una facilità disarmante, quasi imbarazzante, facendo a pezzi una Lazio salita a San Siro con intenzioni bellicose

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Il Milan raggiunge le semifinali di Coppa Italia con una facilità disarmante, quasi imbarazzante, facendo a pezzi una Lazio salita a San Siro con intenzioni bellicose ma pressoché inerme di fronte alla squadra di Pioli, apparsa frizzante e spettacolare come ad inizio stagione. Inutile celebrare i singoli, perché la formazione milanista è sembrata perfetta in ogni reparto, dalla sicurezza di Maignan e difensori alla compattezza del centrocampo, fino ad un attacco devastante che ha visto Leao in grande spolvero ed il solito Giroud a buttarla dentro come ormai gli capita di consueto.

Cabala

A proposito del francese: che fine ha fatto la stucchevole e tristissima parabola della maledizione della maglia numero 9 del Milan che dai tempi di Filippo Inzaghi aveva accumulato solamente proprietari incappati in stagioni pessime? I seguaci di Wanna Marchi e del mago Do Nascimento possono tornare a rilassarsi: a Milanello non ci sono maledizioni o sortilegi, non ce ne sono adesso e non ce ne sono mai stati, semplicemente ora c’è un numero 9 vero, un centravanti di razza, di spessore tecnico, affamato, goleador e leader. C’è, insomma, ciò che era mancato negli ultimi dieci anni.

Ricordi

Del resto, a parte Higuain (effettivamente l’unico ad aver inspiegabilmente fallito) gli altri numeri 9 non valevano un’unghia di Giroud: dall’ultimo inguardabile Pato all’ormai pensionato Fernando Torres, dal malinconico Destro al volenteroso ma incostante Lapadula, passando per Matri, Piatek, Luiz Adriano e André Silva, nessuno aveva la statura (non solo fisica) della punta transalpina, nessuno aveva quei numeri, nessuno il carattere per reggere la pesantezza di una maglia e di uno stadio così. Giroud segna (solo a San Siro, peraltro), c’è poco altro da aggiungere. No, non era una questione di numero.

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