Analisi
Milan: l’insegnamento di Oporto
MILANO – Il Milan torna dal Portogallo con la terza sconfitta in tre partite di Coppa dei Campioni e lascia sul prato del Do Dragao il 90% delle speranze di qualificazione, perché ora per raggiungere gli ottavi di finale alla squadra di Pioli servirà un mezzo miracolo, considerato anche che sarà determinante battere il Porto a San siro e pressoché fondamentale vincere in casa dell’Atletico Madrid. Un’impresa disperata o comunque altamente complessa, anche se forse messa in conto da squadra, dirigenza e società già ad inizio stagione, tenendo conto del girone proibitivo.
Rimpianti
Certo, al Milan hanno più di un rammarico per l’ennesima sconfitta europea, il primo dettato dall’ormai consueta vagonata di assenze che in Italia è parzialmente ammorbidita da rincalzi comunque migliori di gran parte degli avversari, ma in campo continentale difficile da assorbire, anche perché le rivali europee sono attrezzate, esperte e capaci di tenere ritmi altissimi rispetto alla serie A. Il secondo rimpianto è poi legato agli altrettanto regolari torti arbitrali subìti, visto che pure ad Oporto i rossoneri hanno buscato un gol palesemente viziato da fallo su Bennacer al limite dell’area.
Passo indietro
E così Pioli si ritrova a dover digerire un altro ko che rinvia ulteriormente una vittoria che per il Milan in Coppa dei Campioni manca dal 26 novembre 2013 e dal 3-0 rifilato al Celtic a Glasgow. Un Milan certamente diverso da quello brillante ed indomito ammirato finora in campionato, ma anche da quello apprezzato nelle due precedenti gare di coppa contro Liverpool ed Atletico Madrid, confuso e a corto di idee, distratto in difesa, messo sotto a centrocampo, inoffensivo in attacco, al punto che di occasioni vere e proprie la formazione milanista non ne ha create.
Lezione
Che serva da insegnamento al Milan questa sconfitta, per la prosecuzione della manifestazione, ma anche per un eventuale arrivo al terzo posto che varrebbe il “ripescaggio” nella vecchia Coppa Uefa, torneo che i rossoneri potrebbero puntare a vincere, a differenza di una Coppa Campioni obiettivamente impossibile da raggiungere. Fra la squadra di Pioli e le concorrenti europee c’è ancora divario, non certo dal punto di vista tecnico, bensì da quelli del ritmo e dell’esperienza, caratteristiche che il Milan deve ritrovare ed in fretta, perché il DNA che era il suo marchio di fabbrica 15-20 anni fa, oggi lo possiedono purtroppo gli altri.
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