Analisi
Gazidis-Pioli-Rangnick: il triangolo senza lati del Milan
MILANO – Ralf Rangnick è uscito allo scoperto dopo mesi di mezze frasi, contatti col Milan confermati, smentite di rito e quella fastidiosa sensazione nell’ambiente rossonero di essere di fronte ad un fatto quasi compiuto ma che tutte le parti volevano per forza negare, come accaduto (per esempio) con Fatih Terim, praticamente allenatore milanista dal febbraio 2001 e che Galliani e Berlusconi quasi hanno fatto finta di non conoscere fino al giugno successivo. E’ oramai chiaro che fra Gazidis e Rangnick ci sia più che un semplice contatto superficiale, probabilmente ancora nulla di scritto ma la reciproca convinzione di unirsi.
Programma
Il Milan continua ufficialmente a difendere Stefano Pioli, però flirta con Rangnick, smentisce ma viene a sua volta smentito dallo stesso tecnico tedesco che ormai parla dei rossoneri come fossero degli amici da cui non si è potuto recare solo a causa dell’emergenza per il coronavirus. Un gioco perverso, quello del club milanese, che non fa altro che complicare ancor di più una situazione già drammatica: l’attesa per il rilancio sportivo (e quindi economico) della società si prolunga da tanto, troppo tempo, la stagione 2019-2020 probabilmente riprenderà e Pioli dovrà chiuderla nel migliore dei modi ma sapendo già di essere destinato a lasciare Milano.
Poteri
L’intero spogliatoio, poi, è schierato dalla parte dell’attuale allenatore rossonero, Ibrahimovic in testa, così come Paolo Maldini (ultimo dirigente superstite dell’area sportiva insieme al ds Massara) che già da tempo ha bocciato l’eventuale arrivo di Rangnick e che proprio nelle ultime ore si è scagliato contro il tedesco parlando all’Ansa. Inutile chiedersi come Gazidis possa scavalcare Maldini nella scelta del nuovo allenatore, è ormai chiaro che l’amministratore delegato sarà il plenipotenziario del Milan con poteri decisionali ed esecutivi che non prevedono deleghe e consiglieri. Se all’ex capitano starà bene rimarrà in dirigenza, altrimenti (come poi avverrà) rassegnerà le proprie dimissioni lasciando il sudafricano sul ponte di comando.
Rischi
Ma il mostro a tre teste che al momento aleggia su Milanello è un’ombra minacciosa sull’intero progetto rossonero: le basi su cui era nato il Milan di Pioli verranno presto prese a picconate, l’intera dirigenza sarà rifondata, ci sarà un nuovo allenatore ed un nuovo parco giocatori, con tutti i pericoli del caso, dal ruolo di Rangnick alla sua adattabilità al calcio italiano, da una piazza che non perdona più niente a nessuno al tecnico tedesco che vorrebbe amministrare l’intera area tecnica ma che dovrà fare i conti con i cordoni della borsa assai stretti.
Sfiducia
Il tutto, infine, condito da una gestione della situazione da trattoria familiare: ognuno smentisce prima sè stesso e poi gli altri, venendo a sua volta sbugiardato a suon di negazioni, puerili rassicurazioni a cui quasi nessuno (men che meno i tifosi) sembra disposto a credere, così come quasi nessuno appare pronto a dar fiducia all’ennesimo anno zero, all’ennesima ripartenza di un Milan sempre più lontano da quei fasti che l’ hanno portato in capo al mondo e che, senza una proprietà decisa, coinvolgente e competente, non potranno tornare né nell’immediato e né mai.
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