Analisi
Milan: da cosa ripartire per ricostruire
MILANO – Il 4-2 incassato dall’Inter pesa per il Milan, pesa tremendamente. Pesa per la classifica perché i rossoneri vengono scavalcati anche da Bologna e Verona, pesa per il morale perché il 2-0 del primo tempo aveva fatto sognare Pioli e tutto l’ambiente milanista e pesa dal punto di vista mentale, poiché è logico dirsi: se non si vince neanche una partita giocata così per almeno 50 minuti, allora è davvero dura ripartire. 9 sconfitte in 23 partite, due appena in meno del Lecce, un campionato ripreso per i capelli solo grazie all’acquisto di Ibrahimovic, per il resto un valigione pieno di errori che andrebbe chiuso e gettato in un fiume.
Epurazione
Va detto dunque che il Milan è completamente da rifondare: andrebbe cambiata la proprietà (primo passo necessario per riottenere competitività a certi livelli), andrebbe cambiata la dirigenza, andrebbero cambiati 3/4 dei calciatori, mettendo alla porta senza tanti riguardi gente come Calabria, Conti, Laxalt, Kjaer, Musacchio, Paquetà, Leao, tutti elementi che non sono né carne e né pesce e che in una grande squadra al massimo farebbero le terze o quarte riserve, andrebbe cambiato l’allenatore, ripartendo da un top europeo, a costo di pagarlo a peso d’oro.
Corsi e ricorsi
Andrebbe fatto, in buona sostanza, quanto fatto dall’Inter che in un paio d’anni ha visto insediarsi al comando il forte gruppo Suning, un dirigente fra i primi in italia come Marotta, calciatori forti, utili e funzionali, e dulcis in fundo, uno dei migliori allenatori su piazza come Antonio Conte, capace di ridurre in un attimo il divario dalla Juventus che nel frattempo ha fatto il passo del gambero ingaggiando Sarri. Del resto, specchio di tutto ciò è anche il derby: esattamente 16 anni fa (febbraio 2004) il Milan rimontava da 0-2 a 3-2 un derby nel primo tempo ben gestito da un’Inter tecnicamente inferiore, vale a dire lo stesso andamento di quello appena giocato ma a parti invertite.
Lacune
Il Milan, del resto, è durato 50 minuti, un po’ come Zlatan Ibrahimovic, il suo totem, il suo unico seppur straordinario punto di riferimento, un campione al 40% della forma fisica, decisivo a 38 anni suonati, il solo a distinguersi in una squadra timida e remissiva. Non fosse per lo svedese, i rossoneri sarebbero ai margini della zona salvezza come testimoniano i numeri da quando il fuoriclasse scandinavo è tornato a Milano. Il problema è che Ibrahimovic ad ottobre compirà 39 anni, forse sarà ancora in campo, forse no, di certo il Milan non può costruire su di lui il futuro, anche se ad oggi è il solo appiglio di una squadra e di una società allo sbando totale. Lunga vita a Zlatan, verrebbe da dire, ma il suo tempo sta purtroppo inesorabilmente finendo e le luci intorno al Milan rischiano di spegnersi ancora.
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